Articolo di avv. Primo Francescotti pubblicato in rivista specializzata di settore e anche di diritto alimentare “EURO FISHMARKET” numero 30 del 29/11/2019 n. 2
Pubblicato da avvocato Primo Francescotti il 1 gennaio 2020
PREMESSA
Può ritenersi responsabile di lesioni personali colpose, di commercio di sostanze alimentari nocive e di delitto colposo contro la salute pubblica l’operatore della mensa scolastica che abbia preparato polpette di pesce tralasciando la presenza di una lisca, nel caso in cui la lisca in questione abbia causato un danno rimanendo incastrata nella gola di un bambino che aveva consumato la sfortunata polpetta?. Si può asserire che una polpetta di pesce contenente una lisca sia una sostanza alimentare nociva in concreto per la salute pubblica? E’ corretto considerare la lisca alla stregua di un “corpo estraneo” all’interno di una preparazione alimentare a base di pesce? Qual è il livello di zelo richiesto in capo all’operatore della mensa scolastica? E’ realistico esigere il “rischio zero” rispetto alla presenza di lische in preparazioni ittiche? A tutti questi interrogativi ha dato risposta la sentenza del Tribunale Penale di Trieste del 02/07/2018 che riportiamo per intero a seguito del commento dell’avvocato Primo Francescotti di Reggio Emilia che ha difeso nel suddetto procedimento e con cui Eurofishmarket ha collaborato.
Si annota la sentenza del Tribunale Penale di Trieste del 2/7/2018 (ud. 4/6/2018)
La stessa è esaustiva in ordine all’esposizione dei fatti e congruamente motivata.
Non sono rinvenibili nè in dottrina, nè in giurisprudenza fatti storici quale quello per cui è sorto il relativo procedimento penale; la “novità del caso” ha suggerito la presente breve nota.
Un bambino di poco meno di 4 anni di età, utente del servizio di ristorazione scolastica del Comune appaltante, gestito da impresa di ristorazione scolastica, appaltatrice, per non meno di complessivi 5000 pasti al giorno ha subito danno, sia pure lieve, dall’ingestione di porzione di polpetta di merluzzo, compravenduto, fornito spinato (deliscato), ma contenente invece una (sia pur unica) lisca di pesce, “corpo estraneo” di cm. 1,5 rimosso dalla faringe del bimbo con semplice intervento in ambulatorio pediatrico e pronta dimissione in die.
A seguito dell’atto di querela da parte dei genitori, è sorto procedimento penale (innanzitutto ex art. 113 e 590 c.p.) a carico di quattro imputati che rivestivano vari ruoli ritenuti inerenti i reati contestati.
Era rimessa querela a fronte di risarcimento dei danni per le lesioni al minore, con rituale accettazione della remissione di querela da parte di tutti gli imputati.
La Procura della Repubblica aveva ritenuto la violazione di ulteriori norme, stante che il fatto atteneva alla violazione dei criteri propri della doverosa tutela della salute pubblica, bene tutelato dall’art. 444 (ipotesi dolosa) e 452 u.c. c.p. (ipotesi colposa).
Il fatto che non avrebbe dovuto esservi alcuna spina di pesce in nessuna delle polpette di merluzzo somministrate ai piccoli utenti della ristorazione scolastica è assunto di per sé indiscutibile (il pesce è peraltro alimento raccomandato per la ristorazione scolastica – es. scuole materne, etc… – da Linee Guida Regionali).
La presenza casuale di una sola spina di pesce in una unica polpetta (tra le 10.000 polpette di merluzzo preparate e somministrate quel giorno per la refezione nelle varie scuole del Comune) esclude il nesso di causalità tra il comportamento dei singoli imputati e l’evento (ingestione della spina di pesce da parte del bambino). Per l’attività di pesca sono rinvenibili al riguardo, nell’istruttoria dibattimentale, le relative metodiche, altamente professionali, di eliminazione delle lische di pesce, il mantenimento della catena del freddo durante l’intera filiera, la preparazione delle polpette attraverso la preventiva triturazione precauzionale dei filetti merluzzo (acquistato dall’impresa di ristorazione) in quanto già deliscato, per la loro somministrazione, previo ulteriore controllo, agli scolari.
Va precisato che i filetti di merluzzo acquistati surgelati, spinati, deliscati, in tal modo conservati e trattati, non sono ovviamente alimenti nemmeno potenzialmente pericolosi per la salute dei consumatori, per la sicurezza alimentare, per la salute pubblica.
Il Tribunale, all’esito di compiuta istruttoria, ha giudicato che gli addebiti riconducibili secondo l’accusa agli artt. 444 e 452 u.c. c.p., stante il caso concreto non consentivano di affermare “con appagante certezza l’effettiva potenzialità e diffusività lesiva” di quell’unica lisca da merluzzo surgelato presente in una sola delle 10.000 polpette somministrate quel giorno nelle scuole del Comune di Trieste.
Nello specifico è altresì decisiva e assorbente la determinazione in ordine all’elemento soggettivo del reato che, per i diversi ruoli e le diverse reali ed effettive attribuzioni dei coimputati, ha determinato il Giudice, quanto al fondamento della tesi di tutte le difese degli imputati, in ordine alla ritenuta assenza di dolo e di colpa degli imputati stessi.
La sentenza argomenta in ordine al principio dell’affidamento per quanto riguarda la cuoca, imputata, che ha preparato, tra le altre, la polpetta “incriminata” stante il suo contatto diretto con la materia prima, poichè, nel manuale HACCP dell’impresa appaltatrice, di sua doverosa osservanza e nelle stesse istruzioni per l’uso riportate sulle confezioni, il prodotto era qualificato come già spinato e peraltro il pesce era stato sottoposto, a sua cura, a debita triturazione con macchinario adeguatamente funzionante e quell’ulteriore controllo possibile in concreto, prima dell’immissione del ciclo della ristorazione.
Per gli altri imputati vengono in considerazione principi che attengono pure a quelli di precauzione e di prevenzione per quanto riguarda l’attività, il controllo specifico dell’assenza delle lische sulle navi da pesca stesse e il mantenimento della catena del freddo, posto che i legali rappresentanti (imputati) di nessuna delle ditte che si sono occupate della fornitura e del trasporto ebbero contatto diretto con i filetti di merluzzo, per il particolare ciclo di produzione e di trasporto del prodotto stesso.
Per analoghe ragioni il Tribunale ha ritenuto provate la buona fede e l’assenza di colpa del responsabile dell’impresa di ristorazione scolastica per la concreta applicazione della procedura HACCP, per suo impulso, approntamento e controllo nello specifico da parte della stessa della procedura HACCP, contenuta in apposito manuale validato annualmente da noto Ente terzo, normativa propria dei regolamenti UE in materia di sicurezza alimentare (Reg. CE 178/2002, 852/2004, 853/2004, 883/2004, etc… che rappresentano un importante essenziale presidio di prevenzione igienico-sanitaria, per la sicurezza alimentare, in particolare per la ristorazione scolastica e collettiva in generale).
Va aggiunto che un possibile rilievo in ordine al fatto per cui è sorto il procedimento potrebbe far ritenere che la spina di pesce presente in una delle polpette di merluzzo sia da identificarsi come “corpo estraneo” (come qualificato in ambulatorio pediatrico chirurgico), con le implicazioni che tale qualificazione potrebbe implicare (sono invece tali ad es. pezzetti di vetro, di metallo, di plastica, etc…, sia pure non frequentemente rinvenibili all’interno di prodotti preconfezionati). In realtà se, dal punto di vista medico, detta nozione può essere pertinente non altrettanto può ritenersi per quanto riguarda il caso specifico, poichè la spina di pesce non è invero un corpo estraneo rispetto alla predetta sostanza alimentare; attiene in effetti alla “spina dorsale dei pesci e in genere al loro scheletro ed è ciascuno degli elementi ossei o cartilaginei che costituiscono lo scheletro”, nè, ovviamente, si potrebbe sostenere che, sotto altro profilo, i filetti di merluzzo preconfezionati, surgelati, deliscati costituiscano di per sè sostante alimentari nocive.
A opposte conclusioni sarebbe probabilmente giunto il Tribunale, se gli imputati, ognuno per il proprio ruolo, avesse accettato il rischio di un probabile danno alla salute, in particolare nell’ambito di alimenti, nel caso destinati peraltro a utenti di minore età, nell’ambito della ristorazione scolastica con consapevole violazione, durante la filiera alimentare, delle appropriate previste norme di precauzione e di prevenzione per la sicurezza alimentare stessa.
In realtà da nessuno degli imputati era invero esigibile, in concreto, un comportamento commissivo od omissivo diverso da quello effettivamente tenuto da ciascuno degli stessi.
La giurisprudenza di legittimità citata nella sentenza è del tutto coerente con la dottrina e con le ulteriori pronunzie: Cass. Pen. Sez. III 22/12/2010 n. 11500 consolidato principio secondo cui “l’integrazione della fattispecie criminosa di commercio di sostanze alimentari nocive richiede che le sostanze destinate all’alimentazione siano già potenzialmente e concretamente nocive…” in De Jure;
La sentenza pone l’accento sulla necessità che ai fini della configurabilità dell’art. 444 c.p. gli alimenti abbiano, in concreto la capacità di arrecare danno alla salute pubblica.
Nello specifico è decisiva e assorbente la determinazione in ordine all’elemento soggettivo del reato che, pur per i diversi ruoli e le diverse reali ed effettive attribuzioni dei coimputati, ha determinato il Giudice, quanto al fondamento della tesi di tutte le difese degli imputati in ordine all’assenza di dolo e di colpa degli imputati stessi.
Puntuale è stato l’approfondimento in ordine ai reati ex art. 444 e 452 u.c. c.p. di non certa applicabilità.
Nemmeno nell’attività di ristorazione e per i prodotti ittici può esistere infatti il c.d. rischio zero in relazione ad aspetti potenzialmente dannosi.
In difetto di negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (tra l’altro è stato ritenuto il pieno rispetto dei principi di autocontrollo e della normativa HACCP) per il fatto specifico per cui è sorto il procedimento penale, può essere configurabile una fattispecie riconducibile all’art. 45 c.p. (caso fortuito)
Avvocato Primo Francescotti
Si allega la Sentenza del Tribunale Penale di Trieste.